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“Ogni generazione può creare il progresso ritirandosi al momento giusto."
Patricie Holečková

 

1 Profili fiscali

1.1 Imposte dirette nella donazione d’azienda

Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) prevede il regime di neutralità (art. 58, c. 1) in virtù del quale «il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa».
È necessario subito evidenziare che, nel caso di donazione del complesso aziendale, non si è in presenza di una esenzione da imposta, ma solo in un rinvio di imposizione. Inoltre alla neutralità del trasferimento potrebbe accompagnarsi il realizzo di una diversa fattispecie impositiva.
In primo luogo, occorre chiarire che il regime di neutralità riguarda la posizione del donante, ossia dell’imprenditore che dona una azienda con plusvalenze latenti. Tale operazione, infatti, in base all’art. 86, c. 1, TUIR, realizzerebbe, in assenza della norma di cui all’art. 58, TUIR, una fattispecie di «destinazione a finalità estranee», con conseguente emersione e quindi tassazione di dette plusvalenze, quali componenti del reddito di impresa dell’imprenditore donante.
Pertanto, scopo della disposizione dell’art. 58, c. 1 del TUIR, è quello di evitare che l’imprenditore donante sia gravato di ulteriore peso impositivo qualora intenda, in modo non oneroso, attuare il passaggio generazionale d’impresa.
La neutralità fiscale sancita dall’art. 58, c. 1 del TUIR, è tuttavia subordinata al fatto che «l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa». Ciò significa che il donatario riceve l’azienda, dal punto di vista fiscale, non a “valori correnti”, bensì a “valori storici”, nel senso che il valore fiscale riconosciuto in capo al donatario potrà essere solo quello che, al momento della donazione, era evidenziato nelle scritture contabili del donante. Questo comporta che, in caso di successiva cessione dell’azienda o dei singoli beni da parte dell’imprenditore donatario, la base di calcolo per la determinazione delle plusvalenze o minusvalenze sarà determinata proprio dal valore fiscale che l’azienda aveva in capo al donante. Infatti, le plusvalenze o minusvalenze d’impresa si calcolano sottraendo al corrispettivo di vendita il costo fiscalmente riconosciuto che, a sua volta, è dato dalla differenza tra costo iniziale ed ammortamenti effettuati.
Di fatto, con la successiva vendita dell’intera azienda o di parte di essa, si realizzerà l’emersione di plusvalenze non tassate in occasione del precedente passaggio gratuito dell’azienda, proprio per la continuità del valore fiscale del complesso aziendale.
Il sistema della “continuità dei valori fiscali” evidenzia, quindi, che la disposizione di cui all’art. 58, c. 1 del TUIR, non comporta una assenza di tassazione sui plusvalori aziendali, ma solo un rinvio di imposizione, dato che tali plusvalenze latenti saranno prese in considerazione al momento della successiva cessione da parte del donatario.

DONATARIO NON IMPRENDITORE

Può esserci il caso in cui il donatario non sia un imprenditore (e neppure lo divenga a seguito della donazione di azienda), ma sia una persona fisica che riceve in donazione l’azienda per poi rivenderla, senza esercitare l’attività di impresa.
In questo caso come opera la regola della continuità dei valori fiscali?
In linea generale, una persona fisica non imprenditore che ceda un complesso aziendale, ricevuto per donazione, non dovrebbe generare alcuna fattispecie impositiva e, conseguentemente, la previsione normativa di cui all’art. 58, c. 1 del TUIR si trasformerebbe in esenzione d’imposta vera e propria.
Nella realtà il legislatore, al fine di impedire il verificarsi di tale fattispecie, ha introdotto, all’interno del TUIR, l’art. 67, c. 1 che prevede la tassazione, quali redditi diversi, delle plusvalenze realizzate da persone fisiche a seguito di “cessione anche parziale” di aziende acquisite ai sensi dell’art. 58. In questo modo, la cessione dell’azienda potrà determinare, in capo al donatario, un reddito pari alla differenza tra il corrispettivo ed il valore fiscale che la medesima azienda aveva nella contabilità del donante. Da rilevare inoltre che, venendo a mancare la prosecuzione dell’attività dell’azienda, viene a configurarsi una mera donazione di beni e, in capo al donante, si verifica conseguente emersione di plusvalenze imponibili, eventualmente insite nei beni «destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa», ai sensi dell’art. 58, c. 3 dell TUIR.

DONATARIO IMPRENDITORE

Nel caso di donatario imprenditore è necessario, sicuramente, usare maggiore cautela in quanto, in base alle regole del reddito di impresa e più precisamente ai sensi dell’art. 88, c. 3 del TUIR, le liberalità ricevute nell’esercizio dell’impresa costituiscono sopravvenienze attive.
Ciò significa che, nel periodo di imposta in cui la donazione viene effettuata, l’imprenditore donatario dovrà sopportare un carico fiscale particolarmente gravoso dovuto al fatto che, da una parte, per effetto della regola della “continuità dei valori” di cui all’art. 58, c. 1 del TUIR, prenderà in carico l’azienda a “valori storici”, mentre dall’altra, dovrà rilevare un maggior ricavo pari al valore normale dell’azienda ricevuta.
Una simile conseguenza in termini impositivi può essere evitata qualora il donatario sia un imprenditore individuale o un ente non commerciale, almeno in tutti quei casi in cui la donazione dell’azienda sia effettuata non nella sfera imprenditoriale, ma in quella personale (o istituzionale, nel caso di enti non commerciali). Quindi, se dall’atto di donazione non emergesse alcuna specifica inerenza del trasferimento all’impresa del donatario e, d’altro canto, l’eventuale destinazione all’impresa si configurasse come una scelta successiva, libera e non sindacabile del soggetto, pare potersi affermare la non emersione di sopravvenienze attive.
Qualora, invece, il donatario fosse una società commerciale o un ente commerciale – per i quali, ai fini delle imposte sui redditi, vige una perfetta identità tra sfera soggettiva e sfera imprenditoriale – si deve obbligatoriamente considerare la donazione ricevuta come “relativa all’impresa”, con la conseguente rilevazione di sopravvenienze attive, pur mantenendo un regime di neutralità in capo al donante (Tavola 1).
Pertanto, la donazione dell’azienda dell’imprenditore individuale alla società costituita da propri figli ed eredi è sempre da sconsigliare. In alternativa si possono mettere in atto altre strategie, come quella del conferimento di azienda in società con successiva donazione delle partecipazioni agli altri soci, oppure della donazione dell’azienda direttamente ai soci.

Tavola 1 Regime di neutralità fiscale ai sensi dell’art. 58, c. 1 TUIR


1.2 Imposte indirette nella donazione d’azienda 

La donazione d’azienda è esentata dal campo applicativo IVA, stante l’espressa esclusione prevista dalla Legge IVA (Art. 2, c. 3, lett. b) del DPR 633/72) per i trasferimenti che abbiano ad oggetto aziende o rami di azienda.
La donazione d’azienda è invece soggetta all’imposta sulle successioni e donazioni disciplinata dal D.Lgs. 346/90. L’art. 3, c. 4ter dello stesso decreto prevede, peraltro, il non assoggettamento al tributo se la donazione avvenga nei confronti del coniuge o dei discendenti del donante, purché ricorrano determinate condizioni. Pertanto l’art. 2, c. 48 del D.L. 262/2006 prevede la seguente tassazione ordinaria: 

Tavola 2. Aliquote ordinarie previste dall’art. 2, c. 48 D.L. 262/2006.

Come sopra accennato, l’art. 3, c. 4ter D.Lgs. 346/90 prevede il 

non-assoggettamento al tributo se la donazione avviene nei confronti del coniuge o dei discendenti del donante, qualora ricorrano determinate condizioni – sia di carattere soggettivo che oggettivo – che devono essere formalizzate adeguatamente: 

  • oggetto della donazione deve essere una azienda o un ramo di azienda;
  • beneficiari della donazione devono essere i discendenti o il coniuge del donante;
  • il donatario deve proseguire l’esercizio dell’attività di impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data di trasferimento;
  • deve essere resa, contestualmente all’atto di donazione, una dichiarazione da parte del donatario per il rispetto di tale ultima condizione.
     

Il mancato rispetto, anche di uno solo, di detti requisiti comporta la decadenza dal beneficio, con conseguente applicazione di:

  • imposta in misura ordinaria 
  • sanzione amministrativa ex art. 13 D.Lgs. 471/97, prevista per ritardati od omessi versamenti, che è pari al 30% di ogni importo non versato 
  • interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata.
     

Qualora, prima che sia trascorso un quinquennio dalla donazione, il donatario conferisse l’azienda in una società, come chiarito dalla prassi amministrativa degli ultimi anni, l’agevolazione sopra prevista non viene meno se:

  • l’azienda è conferita in una società di persone (indipendentemente dal valore della partecipazione); 
  • l’azienda è conferita in una società di capitali e le azioni o quote assegnate, a fronte del conferimento, consentono di conseguire o integrare il controllo ai sensi ai sensi di quanto previsto dalle norme del Codice Civile (art. 2359 Cod. Civ.)
     

Inoltre il beneficio non decade se il donatario, nel corso del quinquennio, perda il possesso dei beni acquisiti per donazione, per cause non riconducibili alla sua volontà, come nel caso di pignoramento dei beni o di fallimento dell’impresa (Tavola 3).
Ai fini delle imposte ipotecarie e catastali di cui al D.Lgs. 347/90, qualora nel complesso aziendale oggetto della donazione risultino compresi beni immobili o diritti reali immobiliari, verranno applicate le aliquote ordinarie del 2% e 1% sul valore degli stessi. Nel caso in cui ricorrano gli stessi requisiti previsti dalla fattispecie agevolativa di cui all’art. 3, c. 4ter D.Lgs. 346/1990, le imposte ipotecarie e catastali non sono dovute.  

Tavola 3 Imposte indirette nella donazione d’azienda

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