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“Una generazione pianta gli alberi; un’altra si prende l’ombra."
(Proverbio cinese)

Le vicende di Casa Savoia sono troppo note perché se ne debba tentare una sintesi men che schematica. Conti dal X secolo, preposti al controllo di uno dei valichi sul confine tra Francia e Italia; duchi di Savoia dal 1416; nel 1563 decidono di puntare sui mercati italiani spostando la capitale da Chambery a Torino. Infilatisi nelle contese della guerra di successione spagnola, nel 1713 riescono a diventare re della lontana Sicilia, ma nel 1720 baratteranno il titolo con quello della più vicina Sardegna. Superate fortunosamente le tempeste napoleoniche (Carlo Emanuele nel 1799 dovette trasferire per qualche tempo la corte in Sardegna, perché Napoleone si era preso Piemonte e Liguria). nell'Ottocento i Savoia portano a termine lucidamente il disegno di conquista del “mercato italiano”, mettendosi alla testa del progetto di unificazione nazionale risorgimentale. Ci prova Carlo Alberto, sconfitto a Novara; quindi il testimone passa al sanguigno Vittorio Emanuele II che non avrà neppure il buon senso di cambiare la numerazione del suo nome: era il secondo re di Sardegna di nome Vittorio Emanuele. Unificata l'Italia, combinando abilmente tra loro la diplomazia internazionale di Cavour e il magnetismo rivoluzionario del socialista Garibaldi, il più era fatto. Umberto I riorganizzò lo stato e Vittorio Emanuele III si ritrovò a gestire le due guerre mondiali, favorendo nel 1922 l'ascesa del Fascismo. Fu una gestione tanto fallimentare che, nel 1946, perse tutto quanto i suoi antenati erano riusciti a costruire in dieci secoli. In più di un'occasione – a corte ed anche sui giornali – si disse che ci sarebbero stati altri membri di casa Savoia molto più adatti a guidare le sorti della dinastia e del paese. Il ramo dei Savoia-Aosta, ad esempio, con Emanuele Filiberto “il duca invitto” della Grande Guerra con la sua Terza Armata; o Amedeo, “il duca di ferro” dell'Amba Alagi, poi morto prigioniero degli Inglesi; o ancora Luigi Amedeo, il “duca degli Abruzzi”, che fu alpinista ed esploratore. Ma c'era un'antica regola, condivisa da tutta la famiglia e resa pubblica solo da Vittorio Emanuele III (che, fin dalle prime avvisaglie di crisi durante la guerra iniziata da Mussolini, era sollecitato a farsi da parte, per lasciare il ruolo a Umberto e Maria Josè): “In casa Savoia si comanda uno alla volta”. Il re non volle o non seppe cedere il timone, un po' come il comandante del Titanic. Come dire: una regola troppo rigida, anche se ha sempre funzionato nel passato, non è l'unica possibile né necessariamente la migliore a cui attenersi. Strano, perché ci sono altre case torinesi, ad esempio, che hanno dimostrato elasticità ed intelligenza molto maggiori ogni volta che hanno dovuto affrontare il passaggio generazionale.

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